Risultare impopolare è una delle complicazioni nel processo di cambiamento.
Qualche anno fa. Opera di Vienna. Il governo austriaco ha preso una decisione coraggiosa. Ha salutato il celebre direttore artistico Dominique Meyer e al suo posto ha insediato un nuovo direttore che, in teoria, non ha alcuna esperienza nella gestione dei teatri lirici. Bogdan Roscic é un discografico cioè, fondamentalmente, un manager.
Stampa, critica e pubblico hanno criticato la scelta e il governo austriaco é stato oggetto di critiche e affondi. La decisione é risultata impopolare. Del resto Meyer era amato dal pubblico austriaco e i risultati della sua pluriennale gestione erano buoni.
Tuttavia la scelta di insediare Roscic è stata fermamente difesa dal governo austriaco e la gestione ha potuto fare esattamente ciò che aveva in testa.
Passato qualche tempo è possibile fare un bilancio dell’operazione che risulta positiva. (Oggi Dominique Meyer é sovrintendente del Teatro alla Scala).
Una delle competenze di maggior importanza nel governo di realtà grandi o piccole è quella legata alla gestione del cambiamento e dell’impopolarità che spesso ne consegue. I manager si distinguono fra quelli che antepongono i risultati al consenso e quelli che fanno l’opposto. I primi ottengono risultati sonanti, i secondi si barcamenano cercando di distribuire sorrisi, promesse e vantaggi a destra e a manca.
Si incontrano storie quotidiane di cambiamenti promessi, pensati e affondati a causa della mancata gestione del cambiamento stesso. Negli ultimi decenni il consenso politico è diventato il vero “cancro” per l’evoluzione economica e sociale dell’intero pianeta. Possiamo raccontarci tutte le storielle che vogliamo ma fino a che ci saranno persone che per il consenso sacrificheranno anche la semplice coerenza temo che le prospettive di emancipazione dallo stato di crisi saranno fosche.
L’impopolarità è una conseguenza di ogni cambiamento. Non esiste metamorfosi che faccia da subito contenti tutti. E’ nella gestione ferma e coerente del cambiamento che si può seminare e far crescere l’antidoto agli oppositori.
Chi si oppone al cambiamento recita la propria parte, e lo fa con più o meno stile. Ad esempio, il direttore Meyer ha intrapreso una carriera politica. Per lui, a ben vedere, il cambiamento ha rappresentato una opportunità.
Altre volte capita che chi risulti svantaggiato dal cambiamento metta in atto azioni di rivalsa che alla fine nuocciono a tutti, e che hanno l’identica matrice “politica” di chi pensa solo alla coltivazione del consenso.
In questi casi il destino della scelta non può essere lasciato in mano agli attori in scena ma deve essere saldamente governato dalla regia che ha deciso per il cambiamento.